Il ruolo della tortura nell’attuale genocidio
a Gaza da parte di Israele
https://drive.google.com/file/d/1YDhh0K-VQGJAjui9XQEDjeBmjgjTD4AH/view
https://drive.google.com/file/d/1vec2Ut9eoEB5ukeZsIGHtlRFYZSsNRdB/view?pli=1
Il ruolo della tortura nell’attuale genocidio a Gaza da parte di Israele: focus sulle uccisioni, i rapimenti e le torture degli operatori sanitari; la prassi del personale medico israeliano nel sistema di detenzione dell’apartheid palestinese è in conflitto con il diritto umanitario e l’etica professionale.
Sommario:
Questo documento ha lo scopo di rivedere brevemente l’ampia documentazione sull’uso prolungato e sistematico della tortura sui prigionieri di guerra, sui civili e sul personale sanitario da parte di Israele come strumento per tentare di impedire l’esistenza dei civili e spezzare la resistenza della popolazione palestinese all’occupazione.
Gli aspetti storici, legali, etici e sociali coinvolti nella pratica della tortura da parte dell’esercito israeliano, spesso con la complicità del personale sanitario, sono presentati in breve.
La complicità medica nella tortura è rifiutata e denunciata da alcuni individui e organizzazioni israeliane. Rafforzate dalla condanna di parte della comunità internazionale, le testimonianze a disposizione supportano fortemente l’idea che la tortura, oltre che illegale, è ben lungi dall’essere utilizzata semplicemente per ottenere informazioni o confessioni dai prigionieri, sospettati con o senza fondamento fattuale. Essa piuttosto è utilizzata come strumento per perseguire una politica di sostituzione e di guerra che mira a disarticolare sistematicamente la resilienza dei palestinesi nel perseguire l’autonomia nella loro patria e opporre una legittima resistenza allo status quo della propria occupazione.
Nella guerra in corso, l’ostinazione e la furia contro il personale sanitario a Gaza e il coinvolgimento di professionisti medici israeliani nella tortura appaiono evidenti, dato che hanno un ruolo centrale nel progetto genocida di “eliminazione delle condizioni di vita” per la popolazione di Gaza.
Qui documentiamo brevemente questi aspetti.
Per una prospettiva più dettagliata sugli attacchi alle strutture mediche, che sono paralleli a questo progetto genocida, vedi il report che sanitari per Gaza ha redatto “La distruzione del sistema sanitario a Gaza, Aprile 2024” scaricabile gratuitamente in italiano ed inglese al link:
https://linktr.ee/sanitaripergaza
La tortura ha una definizione legale nell’Articolo 1 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (UNCAT, 1) in vigore dal 1987, firmata e ratificata nell’ottobre 1991 da Israele.
Articolo 1.
Ai fini della presente Convenzione, il termine “tortura” significa qualsiasi atto mediante il quale un dolore o una sofferenza gravi, fisici o mentali, sono intenzionalmente inflitti a una persona per scopi quali ottenere da questa o da una terza persona informazioni o una confessione, punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettata di aver commesso, o intimidirla o costringerla o una terza persona, o per qualsiasi motivo basato su una discriminazione di qualsiasi tipo, quando tale dolore o sofferenza sono inflitti da o su istigazione di o con il consenso o l’acquiescenza di un pubblico ufficiale o di un’altra persona che agisce in veste ufficiale. Non include il dolore o la sofferenza derivanti solo da, inerenti o accessori a sanzioni legittime.
La convenzione è vincolante per ciascun firmatario anche in circostanze di guerra o conflitto.
Articolo 2
– 1. Ogni Stato Parte adotta misure legislative, amministrative, giudiziarie o di altro tipo efficaci per prevenire gli atti di tortura in qualsiasi territorio sotto la sua giurisdizione.
2. Nessuna circostanza eccezionale, di qualsiasi tipo, che si tratti di stato di guerra o minaccia di guerra, instabilità politica interna o qualsiasi altra emergenza pubblica, può essere invocata come giustificazione della tortura.
3. Un ordine di un ufficiale superiore o di un’autorità pubblica non può essere invocato come giustificazione della tortura.
Amnesty International (2) ha inoltre sottolineato che, sebbene il diritto internazionale faccia una distinzione tra tortura e altre forme di maltrattamento, le proibisce tutte in modo assoluto e incondizionato, come nell’articolo 7 dell’UNCAT “nessuno può essere sottoposto a tortura o a trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti”.
La Dichiarazione universale dei diritti umani (UDHR- https://www.un.org/en/about-us/universal-declaration-of-human-rights) adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite a Parigi il 10 dicembre 1948 è il documento fondamentale nella storia dei diritti umani. Tutti i 193 stati membri delle Nazioni Unite hanno ratificato almeno uno dei nove trattati vincolanti influenzati dalla Dichiarazione, con la stragrande maggioranza che ne ha ratificati quattro o più. Israele, che si è autodichiarato indipendente solo il 14 maggio 1948, ha firmato la Convenzione il 3 luglio 1990 e l’ha ratificata il 4 agosto 1991.
La UDHR, è non vincolante ma ha ispirato l’adozione di oltre settanta trattati sui diritti umani applicati oggi in modo permanente a livello globale e regionale. L’articolo 5 della Dichiarazione afferma che “Nessuno può essere sottoposto a tortura o a trattamenti o punizioni
crudeli, inumani o degradanti”. Dalla DUDU discende anche la Convenzione contro la tortura, i trattamenti e le punizioni crudeli, inumani e degradanti adottata dall’ONU nel 1984 e ratificata fino ad oggi da 173 stati, tra cui Israele
Non tutti gli stati firmatari hanno concesso un’immediata attuabilità o un rispetto continuativo della convenzione.
Come tutte le leggi internazionali che comportano limitazioni per i poteri degli stati membri, ha incontrato difficoltà e applicazioni diversificate.
La strada per l’abolizione effettiva e la fine della tortura e dell’abuso di potere a livello globale è ancora lunga e cruciale (3).
Istituzioni mediche internazionali e tortura
Durante l’Olocausto alcuni dottori svolsero un ruolo attivo nelle torture effettuate nei campi di prigionia, vedasi il Dr Josef Mengele.
Da queste esperienze prese spunto un percorso che portò alla creazione nel 1947 della “World Medical Association” (WMA) per regolamentare la moralità della professione medica apportando un’importante aggiunta al giuramento di Ippocrate e introducendo il dovere del medico di non discriminare in base all’affiliazione religiosa, nazionale, politica o sociale del suo paziente.
Nel 1949 la WMA ha pubblicato il Codice di etica medica. Nel 1956 ha redatto le regole da applicare nei conflitti armati.
La Dichiarazione di Tokyo, considerata il documento di riferimento a livello internazionale, è stata adottata dalla WMA nel 1975 e stabilisce 6 principi guida in materia di tortura.
Nel 1982, l’ONU ha adottato un documento per regolamentare l’etica medica in termini di comportamento dei dottori con prigionieri di guerra o conflitti armati. In particolare, proibisce ai medici e a tutto il personale paramedico di praticare la tortura e stabilisce che i prigionieri di guerra hanno diritto alle cure e ai trattamenti medici alla pari degli uomini liberi.
Torturare i prigionieri palestinesi:
una vecchia tradizione di Israele
Sebbene Israele abbia dovuto affrontare notevoli critiche da parte dei sostenitori dei diritti umani in merito al trattamento generale dei palestinesi da parte dell’occupazione, nulla si è dimostrato più problematico, in termini sia di immagine di sé che di immagine nel mondo, della presunta tortura dei palestinesi. È sorprendente che in un regime democratico autodefinito come può apparire a prima vista Israele, con un sistema legale ben sviluppato, firmatario dell’UNCAT, la complicità medica nel facilitare la tortura sia iscritta nella legge.
Due importanti pronunciamenti legali sulle pratiche di interrogatorio ammissibili nei Territori Occupati, il Rapporto della Commissione Landau del 1987 e l’Alta Corte di Giustizia (HCJ) del 1999, si sono pronunciati specificamente su questo problema, affrontando i metodi di interrogatorio del Servizio di Sicurezza Generale (GSS) e hanno permesso di intravedere i contorni, se non i dettagli, delle pratiche di interrogatorio israeliane.
La Commissione Landau, presieduta dall’ex giudice della Corte Suprema israeliana Moshe Landau, fu nominata nel maggio 1987 per indagare sui GSS, noti anche come “metodi di interrogatorio dello Shin Bet in relazione ad attività terroristiche ostili”, e sulle testimonianze in tribunale relative agli interrogatori dei palestinesi.
La Commissione scoprì che dal 1971 la politica degli interrogatori del GSS era quella di estorcere confessioni ai palestinesi tramite mezzi coercitivi e di spergiurare di fronte ai tribunali militari per nascondere il fatto di aver estorto confessioni.
Inoltre, gli agenti del GSS mentivano sistematicamente ai giudici militari in merito all’uso della tortura per estorcere confessioni ai detenuti palestinesi e che la pratica era diventata di routine, distribuita tramite il GSS secondo linee guida!
La sentenza del 1999 dell’Alta Corte di Giustizia getta ulteriore luce sulle pratiche degli interrogatori israeliani e sulla tolleranza per “pressioni moderate” durante gli interrogatori.
La soluzione legale delle contraddizioni fu trovata dalla Commissione Landau, che genericamente ammette “pressioni fisiche e psicologiche moderate” (4) Landau (paragrafo 4.7) sebbene specifichi che i criteri di urgenza debbano essere soddisfatti, questi ultimi non sono collegati alla necessità che vi sia una valutazione fattuale o una successiva responsabilità (5).
Il comitato ONU contro la tortura ha affermato che il rapporto della Commissione Landau, consentendo come fa la “pressione fisica moderata” come modalità legale di interrogatorio, “è completamente inaccettabile per questo comitato”.
La tortura, ampiamente documentata dalla stampa internazionale e dalle principali ONG per i diritti umani contro i prigionieri palestinesi negli ultimi 10 mesi, compresi gli operatori sanitari, illustra un cambiamento di paradigma sia nelle modalità disumanizzanti impiegate sia nell’intento genocida che trasmette.
Infatti, a differenza della tortura degli anni passati, volta a estorcere una confessione individuale a un prigioniero politico, documentata lungo tutto il suo svolgimento per ottenere deleghe e per spaventare preventivamente ogni dissenso, la tortura praticata in questi mesi contro i palestinesi ha il chiaro scopo di sterminio morale e di civiltà di un’intera popolazione.
Una funzione storica della tortura è quella di estrarre informazioni dalle persone, ma minacciare o torturare una buona parte o un’intera popolazione ha l’obiettivo implicito di ridurre l’intera popolazione a un’unica lingua.
Il torturatore al potere si rappresenta come l’incarnazione dei “buoni valori” e la tortura diventa un modo per confinare coloro che non sono d’accordo e/o non si conformano a queste pratiche, come portatori di valori “cattivi”, pericolosi e fuori dal sistema.
Ogni persona dissenziente deve conformarsi con la forza e la violenza.
Per Francoise Sironi, “la tortura moderna si trova spesso in società che sono deculturalizzate o che stanno subendo un rapido processo di deculturazione” (Sironi, Françoise. Bourreaux et Victimes: Psychologie de la torture. Odile Jacob) e diventa parte integrante di questo processo.
Marcello Vignar definisce la tortura come una condanna a privare della struttura identitaria che ci definisce come persone “qualsiasi comportamento intenzionale, qualunque sia il metodo utilizzato, che abbia lo scopo di distruggere le convinzioni della vittima”, e considera gli autori, emissari del potere violento, utilizzato per ottenere la sottomissione totale e la paralisi dei governati.
La tortura è quindi lo strumento attraverso cui si tenta di “devitalizzare”, “disattivare” coloro che sono considerati un pericolo per l’ordine costituito. “Il gesto del carnefice”, scrive Michel de Certeau, “marca nella carne quell’ordine che vuole ottenere l’assenso attraverso la sottomissione”.
In questo contesto, l’attuale incremento della tortura dei prigionieri palestinesi da parte di Israele sta aggiungendo prove a favore del “presunto genocidio” prefigurato dalla Corte internazionale di giustizia, e sta supportando le prove di una chiara intenzione di danneggiare ampiamente una specifica comunità umana.
Attraverso la tortura di un singolo individuo, è in realtà il gruppo a cui quella persona appartiene a essere preso di mira: la “parte collettiva” dell’individuo viene attaccata, la parte che lo collega a un gruppo designato come bersaglio dall’aggressore, minacciando e condannando il legame tra quel dato individuo e il suo gruppo collettivo.
Peculiarità e profondità degli obiettivi nell’amministrazione ed estensione
della tortura in Israele
Di seguito alcuni punti che illustrano la particolarità della situazione:
– Tortura e Apartheid: la tortura nei territori palestinesi occupati (oPt) è riservata ai palestinesi e nelle carceri israeliane non è tortura equamente per tutti, ma è consentita nei confronti della popolazione occupata, per la quale è stato istituito un sistema legale militare
separato con regole, personale e procedure diverse da quelle degli organi di giustizia civile che governano Israele.
Come parte aggiuntiva di questo regime di apartheid, accordi legali sono stati introdotti dalla commissione Landau nel 1987 per consentire l’uso di “moderata quantità di forza fisica durante l’interrogatorio” da parte dei militari; questo è stato considerato una legalizzazione di fatto della tortura dagli organismi delle Nazioni Unite.
– Detenzione amministrativa: la “presunzione” è applicata per giustificare le detenzioni: i palestinesi commettono crimini di ribellione e terrorismo. L’uso di questo pregiudizio giustifica le cosiddette regole di “detenzione amministrativa”. Le persone vengono detenute amministrativamente fino a 6 mesi senza accusa e senza la prospettiva di un processo, e sono soggette a reiterazione indeterminata di incarcerazione o di re-incarcerazione in qualsiasi momento, una forma di tortura e intimidazione in sé, anche quando sono fuori dalla prigione. Essenzialmente un modo per prendere la vita delle persone in ostaggio.
– Tortura equamente per tutt*: tra i palestinesi il sistema non distingue per età, sesso o disabilità. I minori e le persone malate vengono trattenute e trattate male come gli adulti sani. Il caso di Ahmad Manasra è esemplare della tortura applicata anche ai minori (6).
– Tortura come punizione: la tortura nelle carceri israeliane non è limitata solo al tempo degli interrogatori, ma è usata come procedura prolungata e come punizione, raggiungendo forme estreme anche per i detenuti amministrativi, come nel caso di Khader Adnan, che è stato lasciato morire nel 2023 nel corso di uno sciopero della fame nel quale chiedeva un processo o la liberazione dalla sua 13esima reclusione amministrativa e dal settimo anno di detenzione (7).
– Tortura nella malattia: la tortura si attua anche tramite la negazione delle cure mediche e del ritorno a casa per i prigionieri malati terminali, come nel caso di Walid Daqqa che aveva scontato 38 anni su 40 di condanna ed è stato costretto a morire in carcere (8).
Quanto sopra illustra come nel regime di tortura israeliano sia centrale il ruolo della complicità/inadeguatezza medica e della mancata assistenza sanitaria; nonostante ciò dal 7 ottobre la tortura ha raggiunto un picco diverso di intensità, pervasività e persistenza durante tutto il periodo di detenzione.
I seguenti sono particolarmente approfonditi nel presente opuscolo.
– Tortura per punire la comunità: l’incarcerazione con finalità di tortura non serve solo a estorcere informazioni, ma ha anche il ruolo di punizione preventiva e intimidazione di intere famiglie e comunità.
Questa caratteristica si è rafforzata a partire dal 7 ottobre comportando l’incarcerazione di 9.500 persone in Cisgiordania e il rapimento di 3-5.000 palestinesi nel corso di rastrellamenti effettuati dall’esercito israeliano nelle strade, nelle case, nelle scuole, negli ospedali.
Per lo più non c’erano accuse nei confronti dei desaparecidos e la quasi totalità dei rilasciati ha subito torture.
– Tortura e personale sanitario: nel contesto degli attacchi a Gaza un numero sproporzionato di personale medico e di operatori umanitari e assistenziali è stato ucciso o rapito in modo mirato; il personale sanitario sequestrato è stato torturato con particolare aggressività, provocando la morte di almeno due medici.
– Il sequestro dei guaritori: la detenzione e l’abuso di operatori sanitari, un gruppo protetto dalle leggi e dalle convenzioni internazionali, ha un impatto profondo che priva l’intera popolazione delle cure perseguendo l’intento genocida di Israele.
– Progetto genocida: La sproporzionata presa di mira di operatori sanitari va di pari passo con la deliberata distruzione di tutte le strutture sanitarie a Gaza e il blocco di forniture mediche, strumenti e carburante per gli ospedali.
Si conferma anche in questo caso l’intenzionalità nell’ostruire il potenziale funzionamento e la futura ripresa del sistema sanitario gazawi. La disattivazione del sistema sanitario ha cascate di conseguenze, aumentando l’insicurezza e la morte ed è comprensibile solo come un tassello del progetto genocida complessivo che l’attuale assalto militare criminale desidera esplicitamente raggiungere.
Tutto quanto sopra pone Israele al di fuori dei confini delle regole e delle leggi internazionali.
– Metodi di tortura: mentre i metodi di tortura segnalati di recente includono quelli noti da almeno 50 anni (2), ciò che è cambiato radicalmente dal 7 ottobre è la continuità nella coercizione, il fatto che la tortura non è utilizzata solo per estorcere informazioni, ma come mezzo per punire la resistenza pacifica civile, come quella del personale sanitario che si rifiuta di abbandonare i pazienti, e la tortura è imposta senza limiti fino al punto di determinare la morte e la perdita della mente.
Per le ferite inferte si arriva addirittura ad effettuare amputazioni.
Tra i metodi di tortura testimoniati dai prigionieri rilasciati si contano: l’imposizione di privazioni estreme nell’alimentazione, nell’igiene collettiva e personale; la privazione e/o l’assalto sensoriale e la negazione della libertà di posizionare il proprio corpo nello spazio per lunghi periodi. Queste torture emergono dalle parole e dalle cicatrici visibili sui loro corpi. Anche il numero di morti in prigione in questi 9 mesi è aumentato in un modo mai visto prima.
– Segni di Tortura: la documentazione della tortura attuale e passata è abbondante e la sua negazione è impossibile. Dal 2023 tutti i prigionieri gazawi rilasciati dal carcere, controllati dall’UNWRA e dalla Croce Rossa Internazionale, mostrano una grave perdita di peso, la maggior parte ha ferite su polsi e caviglie dove sono stati applicate fascette di plastica 24 ore su 24.
Molti hanno segni di colpi, ustioni o morsi di cane, hanno subito fratture, riportano perdita di orientamento e disturbi alla vista. Numerose video-testimonianze documentano il loro disagio fisico e psicologico.
Almeno 49 detenuti sono morti e tra loro 2 medici, i cui corpi sono tuttora tenuti sotto sequestro da Israele. Migliaia di persone rapite dopo il 7 ottobre sono state rilasciate dopo periodi di tempo che variano dalle 2 settimane agli 8 mesi, la maggior parte è stata detenuta senza accusa o processo. Un certo numero di operatori sanitari rilasciati di recente corrobora e conferma le testimonianze del personale dell’UNWRA e della gente comune rapita da Gaza e dalla Cisgiordania (7).
– Complicità medica: La complicità del personale medico israeliano è stata recentemente segnalata dai whistleblower medici che lavorano nelle carceri israeliane (9) ed è documentata in numerosi rapporti di ONG e articoli di testate israeliane e palestinesi (10).
La complicità medica assume varie forme in Israele: partecipazione attiva alla tortura, consulenza su come gestire la tortura, negazione delle cure necessarie ai detenuti torturati. Inoltre, il personale medico che lavora nelle carceri è protetto dalla responsabilità perché non firma le proprie raccomandazioni.
Questa complicità non è certo una novità, ma non è mai stata riconosciuta come una violazione dell’etica medica e del giuramento ippocratico da parte di Israele o dell’Associazione medica israeliana (11).
Tuttavia, i medici israeliani che sono partner e compiono torture non solo rinnegano il loro giuramento professionale, ma anche le disposizioni internazionali che regolano il comportamento degli operatori sanitari
KHADER ADNANKHADER ADNAN
come la dichiarazione di Tokyo (12); queste impongono al personale medico di non causare danno a nessuno, nemmeno in un contesto di guerra.
Le regole di Tokyo possono essere riassunte in: non essere presente in contesti di tortura, denunciare se si è a conoscenza dell’uso della tortura, evitare di usare qualsiasi intervento medico non richiesto dalla persona e ignorare sempre le richieste restrittive delle autorità che richiedono il tuo coinvolgimento sulla persona detenuta.
La complicità medica nella tortura in Israele è stata ampiamente denunciata da molto tempo, ma le associazioni mediche locali e mondiali hanno ignorato queste denunce dal 1994.
La complicità delle associazioni mediche in tutto il mondo è una grave violazione della loro legittimità.
Promemoria: tutte le norme internazionali che proibiscono la tortura sono vincolanti anche in contesti di guerra e conflitto (12).
– La punizione del personale sanitario: Le ragioni e i mezzi della tortura sui prigionieri di Gaza e sugli operatori sanitari suggeriscono che una delle funzioni primarie della sua brutalità estesa 24 ore su 24 non sia solo quella di ottenere informazioni, ma sia quella di annientare le forze vitali, l’identità e la dignità dei capisaldi del sistema sanitario e provocare il suo collasso definitivo, quindi un corollario al genocidio e alla pulizia etnica di Gaza.
Prendere di mira preferibilmente gli operatori sanitari nel 2023-24 è anche una punizione alla loro resistenza collettiva all’ordine di abbandonare gli ospedali e i pazienti all’esercito invasore.
I nostri colleghi a Gaza hanno svolto al meglio e fino in fondo il loro dovere di cura, col rischio di venire uccisi dai cecchini o rapiti sotto la minaccia delle armi mentre facevano fronte alla mancanza di medicinali, materiali monouso, elettricità, cibo, acqua.
I loro strumenti sono stari: bisturi, stetoscopio e mani guantate, mentre facevano fronte all’assedio con grande sforzo e compassione. Questa resistenza è stata ampiamente documentata dalla stampa.
Riferimenti:
1- La Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (la “Convenzione sulla tortura”) https://www.ohchr.org/en/instruments-mechanisms/instruments/convention-against-torture-and-other-cruel-inhuman-or-degrading.La Convenzione è entrata in vigore il 26 giugno 1987 https://legal.un.org/avl/ha/catcidtp/catcidtp.html#:~:text=The%20Convention%20against%20Torture%20and,been%20ratified%20by%2020%20States.
2- Indice AI: MDE 15/03/94
3-The Ethics of Torture: Definitions, History, and Institutions
https://doi.org/10.1093/acrefore/9780190846626.013.326
4- https://en.wikipedia.org/wiki/Landau_Commission
5-Amnesty International, July 1991. AI Index:MDE 15/34/91- page 45. “Documento – Israele e i territori occupati: il sistema giudiziario militare nei territori occupati: detenzione, interrogatorio e procedure processuali.” pagina 45.
6-https://english.elpais.com/international/2023-12-05/palestinian-minors-imprisoned-in-israel-sooner-or-later-i-was-going-to-lose-my-mind.html
https://resourcecentre.savethechildren.net/document/defenceless-impact-israeli-military-detention-palestinian-children/
https://www.amnesty.org/en/latest/news/2022/06/israel-opt-palestinian-prisoner-arrested-as-a-child-ahmad-manasra-still-in-prison- nonostante-il-peggioramento-della-salute-mentale/
https://www.instagram.com/ahmedeldin/reel/C1koGfWLeb5/
https://www.change.org/p/freeahmadmanasra?recruiter=39332177&recruited_by_id=2f0a6ec0-4888-0130-b5dc-3c764e049c4f&utm_source=share_petition&utm_campaign =share_petition&utm_term=share_petition&utm_medium=whatsapp&utm_content=washarecopy_32610692_en-US%3A0
7-https://www.amnesty.org/en/latest/news/2023/05/israel-opt-death-of-khader-adnan-highlights-israels-cruel-treatment-of-palestinian-pris https://edition.cnn.com/2024/05/10/middleeast/israel-sde-teiman-detention-whistleblowers-intl-cmd/index.html oners/#:~:text=In%20total%2C%20he%20spent%20eight,muori%20da%20solo%20nella%20sua%20cella.
8-https://www.aljazeera.com/news/2024/4/7/terminally-ill-palestinian-prisoner-walid-daqqa-dies-in-israeli-custody
9-https://www.ohchr.org/en/press-releases/2024/05/israel-un-expert-calls-probe-allegations-torture-and-mistreatment-against
https://www.un.org/unispal/document/auto-insert-187447/
https://www.bbc.com/news/world-middle-east-68514816
https://www.unrwa.org/resources/reports/detention-and-alleged-ill-treatment-detainees-gaza-during-israel-hamas-war
https://mezan.org/en/ post/42548/FACTSHEET:%C2%A0%C2%A0TORTURE-AND-CRUEL,-INHUMAN-AND-DEGRADING-TREATMENT
https://www.aljazeera.com/news/2024/4/17/the-thousands-of-palestinians-israel-arrests-tortures-hold-even-in-death
https://www.newarab.com/analysis/systematic-torture-gazans-israels-secret-prisons
10-https://edition.cnn.com/2024/05/10/middleeast/israel-sde-teiman-detention-whistleblowers-intl-cmd/index.html
11- D. Summerfield. La regolamentazione internazionale della complicità medica con la tortura è in gran parte un abbellimento? Il caso di Israele e le lezioni di un appello etico medico durato 12 anni. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/34131004/
12-https://www.wma.net/policies-post/wma-declaration-of-tokyo-guidelines-for-physicians-concerning-torture-and-other-cruel-inhuman-or-degrading-treatment-or-punishment-in-relation-to-detention-and-imprisonment/
COMPLICITÀ MEDICA CON LA TORTURA E LA ASSOCIAZIONE MEDICA ISRAELIANA
Complicità medica nella tortura
La complicità medica nella tortura può comportare una partecipazione attiva o passiva.
Gli esempi di partecipazione attiva includono l’uso di conoscenze mediche per supportare le tecniche di interrogatorio, la supervisione dell’uso di sostanze chimiche per la tortura, la fornitura di rapporti medici falsi.
La partecipazione passiva, come la mancata denuncia delle torture, è spesso meno riconosciuta e punita.
Qualsiasi complicità medica nella tortura viola fondamentalmente l’etica medica e la legge sui diritti umani. I codici etici medici vietano agli operatori sanitari di assistere alla tortura.
In Cile, dopo la fine del regime di Pinochet, durante il quale centinaia di cittadini furono torturati, l’Associazione medica cilena indagò ed espulse numerosi medici coinvolti nella tortura.
In Sud Africa due medici sono stati puniti per non aver curato o denunciato le ferite mortali inflitte nei confronti dell’attivista antiapartheid Steve Biko.
Gli esempi di complicità medica nella tortura e di fallimento delle organizzazioni mediche nell’agire in merito non sono solo storici. Il rapporto del PHR “Aiding Torture” richiedeva un’indagine indipendente sul ruolo degli operatori sanitari (medici e psicologi) in casi noti di tortura nelle carceri dove sono detenuti sospetti terroristi.
Questo rapporto si avvaleva di un documento trapelato dalla Croce Rossa Internazionale, in cui si affermava che medici impiegati dalla CIA erano presenti a Guantánamo per monitorare i metodi di tortura, tra cui il water boarding e l’incatenamento. Il rapporto concludeva che “la presunta partecipazione del personale sanitario al processo di interrogatorio e, direttamente o indirettamente, all’inflizione di maltrattamenti costituisce una grave violazione dell’etica medica e, in alcuni casi, equivale a partecipare alla tortura e/o a trattamenti crudeli, inumani o degradanti».
Nel Regno Unito, Medical Justice ha documentato il fallimento della “Regola 35”, la regola dei centri di detenzione che dovrebbe garantire che le persone vulnerabili, comprese le vittime di tortura, non siano detenute. Medical Justice denuncia anche l’inadeguata documentazione delle torture da parte degli operatori sanitari che lavorano nei centri di detenzione e la conseguente mancanza di cure adeguate.
Il recente rapporto di Medact “Preventing Torture” affronta il divario tra i codici etici e la pratica medica.
Fonte:
– https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3526851/#:~:text=Medical%20complicity%20in%20torture%20is%20active%20or%20passive%20participation%20by,and%20failure%20to%20report%20torture.
Come i medici carcerari israeliani assistono alla tortura dei detenuti palestinesi
“Non userò le mie conoscenze mediche per violare i diritti umani e le libertà civili, anche sotto minaccia.”
Questa è una linea del The Physician’s Pledge adottata dalla World Medical Association nel 1948, che
guida il lavoro dei medici di tutto il mondo.
Sfortunatamente, poiché la pratica della tortura persiste in tutto il mondo, troppo spesso gli operatori sanitari corrono il rischio di diventarne complici. Un paese che recentemente è finito sotto i riflettori per quanto riguarda la complicità medica nella tortura è stato Israele.
Sebbene trattata come un fenomeno recente o singolare dai mezzi di informazione occidentali, come nella recente denuncia della CNN sugli orrori praticati nel famigerato centro di detenzione di Sde Teiman, la tortura israeliana precede di molto il 7 ottobre. L’uso della tortura in Israele come strumento coloniale per soggiogare e esercitare il controllo sui palestinesi è intrecciato con la sua stessa nascita. Come scrisse nel 2010 dal carcere Walid Daqqa, icona rivoluzionaria e letteraria palestinese: “Ciò che accade nelle [carceri israeliane] non è solo detenzione e isolamento di un popolo considerato un rischio per la sicurezza di Israele, ma fa parte di uno schema generale, scientificamente pianificato e calcolato per rimodellare la coscienza palestinese”. La tortura israeliana è quindi istituzionalizzata e sistematica – portata avanti dal vasto regime di “sicurezza” di Israele e sanzionata dalle sue braccia legali e giudiziarie. A livello internazionale, l’uso della tortura da parte di Israele continua incontrollato nonostante sia firmataria della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura.
Una storia di complicità medica
Le prove degli ultimi 30 anni dimostrano dunque che i medici israeliani non rispettano questi obblighi etici regolarmente e operano in violazione del diritto internazionale.
Come dettagliato nei rapporti di Human Rights Watch, Amnesty International, Physicians for Human Rights-Israel e molti, molti altri, il coinvolgimento medico israeliano nella tortura è sistematico – e di fatto parte integrante del regime di tortura israeliano.
La complicità medica nella tortura si manifesta in vari modi. Per anni, le organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato l’uso “diffuso e sistematico” della tortura da parte delle forze di sicurezza e delle autorità carcerarie israeliane.
Dal 2001, il Comitato pubblico contro la tortura in Israele (PCATI) ha presentato oltre 1.400 denunce di tortura contro le autorità israeliane.
Nel 2007,lo stesso PCATI ha pubblicato testimonianze in cui si affermava che tra una sessione di tortura e l’altra le vittime venivano visitate da medici che non documentavano né denunciavano la tortura.
Nel 2009, è stato inviato un appello a nome di più di 700 medici di 43 paesi chiedendo alla World Medical Association (WMA) di agire contro l’Associazione medica israeliana sulla base delle prove di complicità medica nella tortura raccolte da diverse rispettabili organizzazioni internazionali per i diritti umani, tra cui il PCATl.
La World Medical Association (WMA) non ha intrapreso alcuna azione e ha rifiutato persino di prendere atto della richiesta.
Nel 2011, Physicians for Human Rights Israel (PHRI) ha documentato il coinvolgimento implicito dei medici carcerari nei maltrattamenti restituendo le vittime ai perpetratori dopo cure superficiali, condividendo informazioni mediche con gli aguzzini e omettendo di documentare e denunciare torture e maltrattamenti.
Nonostante le richieste rivolte all’Associazione medica israeliana di indagare sui medici accusati, non è stato condotto alcun esame delle cartelle cliniche né sono state interpellate le vittime.
Nel 2016, l’organizzazione palestinese per i diritti umani, Addameer, ha pubblicato un rapporto in cui denunciava la politica israeliana di deliberata negligenza medica nei confronti dei palestinesi in detenzione.
Ha fornito in dettaglio vari casi di palestinesi a cui sono state negate le cure in carcere e di medici che non hanno descritto segni fisici di tortura e maltrattamento nelle cartelle cliniche.
Nello stesso anno, anche il Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura ha espresso preoccupazione per il fatto che i medici carcerari non denunciassero lesioni indicative di abusi. Si raccomandava inoltre che i medici carcerari israeliani fossero posti sotto alla supervisione del Ministero della Sanità. Ciò tuttavia non è avvenuto.
Il personale medico che lavora nelle carceri israeliane non è tuttora sottoposto alla supervisione del ministero della sanità o di qualsiasi altro organismo medico e non fa parte dell’associazione medica nazionale. Dato che fanno capo all’autorità penitenziaria piuttosto che a un’autorità sanitaria, corrono il rischio di compromettere l’assistenza sanitaria dei loro pazienti per preservare la loro lealtà verso i propri superiori.
Come spiegato nello studio globale di Addameer del 2020, Cell 26, prima dell’inizio dell’interrogatorio di un detenuto, i medici israeliani collaborano con gli interrogatori dello Shin Bet per “certificare” o approvare che sia “idoneo” ad essere sottoposto alla tortura. Per tutta la durata dell’interrogatorio, un medico fornisce il “via libera” affinché la tortura possa continuare.
Ma l’autorizzazione alla tortura va oltre un superficiale “controllo sanitario”.
Nei loro esami, gli operatori sanitari cercano i punti deboli fisici e psicologici da sfruttare nell’individuo.
Queste debolezze vengono condivise attivamente con gli interrogatori per aiutarli a spezzare lo spirito del prigioniero.
I medici israeliani nascondono anche le ferite che osservano durante le torture.
Invece di adempiere alle proprie responsabilità etiche nel denunciare gli abusi, i medici falsificano o si astengono dal documentare gli effetti fisici e psicologici della tortura sul corpo e sulla mente dei detenuti, privando le vittime della possibilità di utilizzare potenziali prove contro i loro torturatori.
I detenuti palestinesi raccontano che gli interrogatori sono addestrati a metodi di abuso progettati per infliggere il massimo danno.
Questa conoscenza non è innata; piuttosto, secondo Cell 26, la ricerca medica è condivisa con gli interrogatori dell’occupazione israeliana per armarli con tecniche e programmi di tortura specifici intesi a causare sofferenze estreme ai detenuti palestinesi lasciando prove fisiche minime.
Quando i medici sono agenti del colonialismo
La partecipazione dei professionisti medici alla tortura – coloro il cui dovere sarebbe apparentemente quello di guarire, alleviare le sofferenze e agire nel migliore interesse dei loro pazienti – non è una contraddizione. Indipendentemente dall’etica o dalle leggi, il personale medico israeliano opera innanzitutto come agente del regime coloniale dei coloni israeliani. Sotto il colonialismo, tutti gli aspetti della società colonizzatorice hanno uno scopo: favorire l’oppressione delle persone colonizzate.
La professione medica non è diversa. Nel suo saggio “Medicina e colonialismo”, Frantz Fanon delinea cosa significa praticare la medicina in un contesto coloniale. Parlando dell’Algeria francese, scrive:
“Il medico stesso… ha deciso di escludersi dal cerchio protettivo che i principi e i valori della professione medica hanno intrecciato intorno a lui… In una data regione, il medico si rivela talvolta come il più sanguinario dei colonizzatori… così diventa il torturatore che sembra essere un medico.”
Fanon continua: “Sul piano strettamente tecnico, il medico europeo collabora attivamente con le forze coloniali nelle loro pratiche più spaventose e più degradanti”.
Accanimento successivo al 7 ottobre
Le organizzazioni per i diritti umani sia in Israele che nei territori palestinesi occupati hanno notato un aumento dei casi di tortura, maltrattamenti e morte in detenzione a partire dal 7 ottobre. Alcuni hanno indicato che questa è una politica deliberatamente perseguita delle autorità israeliane.
Dal 7 ottobre, le accuse di maltrattamenti e torture nei confronti dei palestinesi detenuti da Israele sono aumentate notevolmente. Secondo Haaretz, negli ultimi otto mesi almeno 48 palestinesi sono morti mentre sottoposti alla detenzione militare israeliana e 16 detentuti sono morti in prigione.
Dal 7 ottobre, il coinvolgimento dei medici israeliani nella tortura è stato confermato dalle indagini e dalle testimonianze dei sopravvissuti alla tortura, dalle organizzazioni per i diritti umani e persino da alcuni informatori israeliani.
Il 16 aprile, un rapporto spaventoso dell’Agenzia delle Nazioni Unite ha affermato che quando tentavano di ricevere assistenza medica per curare le ferite causate dalla tortura, i prigionieri palestinesi venivano invece picchiati maggiormente dai medici della prigione.
L’11 ottobre, il ministro della Sanità israeliano ha chiesto agli ospedali di rifiutare le cure ai palestinesi provenienti da Gaza. Da allora, i palestinesi nelle carceri israeliane hanno riferito che le visite mediche venivano cancellate e che le cure mediche venivano loro negate. Le norme internazionali prevedono una visita medica all’ingresso in carcere. Tuttavia, il PHRI ha scoperto che questo procedimento non è
stato sistematicamente implementato con gli arresti di massa nei confronti dei palestinesi successivi al 7 ottobre. Pertanto, le équipe mediche non identifica
no le persone con bisogni medici, né documentano maltrattamenti o torture avvenuti durante il processo di arresto.
A marzo, gruppi per i diritti dei palestinesi hanno presentato un appello urgente a 11 gruppi di lavoro speciali e ai relatori speciali delle Nazioni Unite, esortandoli ad agire contro la tortura e i maltrattamenti effettuati dall’esercito israeliano.
Tra le numerose prove dell’uso della tortura, sono stati riportati anche casi di medici e infermieri che “non hanno tenuto conto e hanno ignorato i bisogni dei prigionieri” e “hanno ordinato alle guardie carcerarie di attaccare e aggredire ulteriormente i prigionieri”.
Le autorità israeliane hanno allestito nuove strutture di detenzione militare nel deserto del Negev per gli arrestati provenienti da Gaza. Uno di questi si trova nella base militare di Sde Teiman.
Questo sito è stato soprannominato la “Guantanamo israeliana” con una copertura mediatica che descrive in dettaglio le condizioni orribili della stessa grazie alle testimonianze degli informatori anonimi e dei prigionieri rilasciati.
Ad aprile, un medico che lavorava a Sde Teiman ha inviato una lettera ai ministri israeliani della difesa e della sanità, nonché al procuratore generale, affermando che le operazioni della struttura “non rispettano una sola sezione tra quelle riguardanti la salute della legge sui centri di detenzione per i combattenti illegali”. Secondo questa persona, tutti i pazienti sono sempre ammanettati con tutti e quattro gli arti e bendati, anche durante le cure, e devono quindi indossare i pannolini.
La complicità medica nella tortura include anche la negligenza medica, una pratica deliberata e di lunga data nelle carceri israeliane.
Un rapporto di Physicians for Human Rights-Israel descrive in dettaglio le orribili condizioni del centro di detenzione di Sde Teiman. Secondo il rapporto, il personale medico sta fornendo cure a pazienti immobilizzati e bendati; esegue procedure mediche invasive “senza che i pazienti ricevano in anticipo spiegazioni sufficienti o diano il loro consenso”; si rifiuta di somministrare cure; si rifiuta di somministrare farmaci antidolorifici e li fornisce “esclusivamente nei casi in cui possano aiutare le forze di sicurezza a interrogare i pazienti”.
Inoltre, al personale medico non è richiesto di denunciare o documentare casi di violenza o tortura di cui è stato testimone, né di firmare documenti medici con il proprio nome o numero di licenza, proteggendo il personale medico da potenziali indagini riguardanti la violazione dell’etica medica.
Nell’indagine su Sde Teiman della CNN, altri tre informatori israeliani presso il centro di detenzione israeliano hanno rivelato come le procedure mediche nella struttura siano “a volte eseguite da medici sottoqualificati, tanto che si è guadagnato la reputazione di essere ‘un paradiso per gli stagisti’”. Come ha detto uno degli informatori. CNN:
“Mi è stato chiesto di imparare come agire sui pazienti, eseguendo procedure mediche minori che sono totalmente al di fuori della mia competenza… semplicemente essere lì faceva sentire complice di abusi.” La stessa persona ha anche assistito ad amputazioni eseguite su persone che avevano subito ferite causate dalla contenzione ininterrotta degli arti. Israele ha sospeso l’accesso alle carceri per il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) dal 7 ottobre e a Sde Teiman non sono state consentite visite da parte di avvocati o familiari se non in rarissimi casi. Pertanto, il controllo indipendente dei centri di detenzione è attualmente inesistente.
Ad aprile più di 600 operatori sanitari provenienti da tutto il mondo hanno chiesto la chiusura del centro di detenzione di Sde Teiman.
Si può accedere alla petizione scansionando il codice QR a destra.
Il personale medico che tratta questi pazienti senza opporsi alle condizioni in cui sono detenuti è a rischio di complicità medica nella tortura, e viola così non solo i diritti umani dei pazienti ma anche la propria etica professionale per cui la dignità umana va rispettata e bisognae sempre agire nel migliore interesse del paziente.
Fonte:
– https://mondoweiss.net/2024/05/how-israeli-prison-doctors-assist-in-the-torture-of-palestinian-detainees/ – https://www.aljazeera.com/opinions/2024/6/18/action-must-be-taken-on-alleged-complicity-of-israeli-doctors-in-torture- https://www.haaretz.com/israel-news/2024-06-03/ty-article/.premium/idf-conducts-criminal-investigation-into-48-deaths-of-gazans-in-the-war-mostly-detainees/0000018f-dd46-db0d-a98f-dd4f27950000
Il sistema sanitario palestinese preso di mira da Israele perché parte cruciale della resistenza contro il genocidio
Dichiarazione del Movimento per la salute popolare
Gli attacchi contro ospedali, ambulanze e personale sanitario sono una tattica chiave nella guerra genocida contro i palestinesi a Gaza. La distruzione totale del sistema sanitario è una parte intenzionale del progetto di pulizia etnica del regime di apartheid israeliano contro il popolo palestinese.
L’esercito israeliano ha inoltre aumentato gli attacchi alla sanità in Cisgiordania dal 7 ottobre 2023. Secondo l’OMS sono stati registrati 480 attacchi contro il sistema sanitario in Cisgiordania, soprattutto nei governatorati settentrionali di Tulkarem e Jenin.
Questa non è una novità. Gli operatori sanitari e le infrastrutture palestinesi sono presi di mira da Israele da decenni. Ad esempio, tra il 2019 e il 2021 ci sono stati 463 operatori sanitari palestinesi feriti dalla violenza dell’esercito israeliano (166 in Cisgiordania e 297 a Gaza).
Secondo il dottor Mohamed Salha, chirurgo ortopedico e direttore ad interim dell’ospedale Al Awda, prendere di mira sistematicamente e deliberatamente gli operatori sanitari ha un obiettivo chiaro: “Alla fine, il primo obiettivo dell’esercito israeliano è stato il sistema sanitario di Gaza. Vogliono rendere la Striscia di Gaza completamente invivibile, e lo fanno attaccando il sistema sanitario. Senza operatori e servizi sanitari le persone non rimarranno”.
Negli ultimi otto mesi gli operatori sanitari di Gaza sono stati vittime di intimidazioni, arresti e detenzioni arbitrari, torture e omicidi.
Secondo Medici senza Frontiere tra il 7 ottobre 2023 e il 31 maggio 2024 sono stati assassinati almeno 493 operatori sanitari.
[Secondo i dati del Ministero della Salute al 30/06/2024 risultano 885 martiri tra gli operatori sanitari]. Secondo una nuova indagine Reuters, durante la guerra sono stati uccisi 55 medici specialisti, pari al 4% degli specialisti in Gaza. L’impatto di queste perdite sul sistema sanitario sarà molto più profondo del loro effetto immediato sulla fornitura di servizi, poiché l’uccisione di uno specialista può paralizzare per anni i servizi ospedalieri di intere aree. Secondo gli specialisti del settore sanitario, ci vorranno decenni per ricostruire il sistema sanitario a Gaza.
Quasi 10.000 palestinesi sono attualmente detenuti nelle carceri israeliane, di cui circa 3.500 nella cosiddetta “detenzione amministrativa”, il che significa che sono imprigionati a tempo indeterminato senza accusa. Almeno 214 operatori sanitari sono stati detenuti dalle forze israeliane mentre erano in servizio dal 7 ottobre, con almeno 128 operatori sanitari rimasti in detenzione al 30 maggio 2024.
Uno di loro è il dottor Ahmed Muhanna, membro della Al Awda Health and Community Association (AWDA), e della rete PHM. Domenica 17 dicembre 2023, i soldati israeliani hanno fatto irruzione nell’ospedale Al Awda a Jabalia, nel nord di Gaza. Durante il raid hanno arrestato 21 operatori sanitari, tra cui il dottor Muhanna, direttore dell’ospedale, che è ancora detenuto nella famigerata prigione israeliana nel deserto di Naqab.
I parenti del dottor Muhanna hanno faticato a ricevere informazioni adeguate sul suo stato e sulle sue condizioni a partire dalla sua detenzione.
IL RAPIMENTO, LA TORTURA E L’UCCISIONE
DEI PROFESSIONISTI SANITARI
Il Relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto alla salute, Tlaleng Mofokent, ha denunciato questi arresti e detenzioni arbitrarie dopo la scioccante morte del dottor Al Bursh, capo del dipartimento di ortopedia dell’ospedale Al Shifa, nella prigione israeliana di Ofer. “È stato detenuto mentre svolgeva il suo dovere nei confronti dei pazienti e si prendeva cura di loro secondo il giuramento prestato come medico”, ha affermato il Relatore speciale il 16 maggio 2024. “È morto per aver tentato di proteggere i diritti alla vita e alla salute dei pazienti”.
Il dottor Al Bursh è stato arrestato mentre eseguiva un intervento chirurgico all’ospedale Al Awda di Jabalia, durante lo stesso assedio israeliano che ha portato all’arresto e alla detenzione continua del dottor Ahmed Muhanna.
Il collasso totale del sistema sanitario a Gaza è imminente. Con Israele che nega deliberatamente l’accesso ai convogli di aiuti che trasportano medicinali e attrezzature mediche, compreso il carburante essenziale per mantenere operative le strutture sanitarie, la situazione a Gaza è diventata “un disastro travolgente”, secondo il dottor Rik Peeperkorn, rappresentante dell’OMS in Palestina.
Sappiamo che decine di migliaia di palestinesi a Gaza sono stati uccisi dalla violenza militare israeliana dal 7 ottobre 2023. Ma, per ora, non è chiaro quante persone siano morte a Gaza a causa del mancato accesso a un’assistenza sanitaria adeguata, a causa del blocco deliberato delle forniture mediche alla popolazione di Gaza e dell’insensibile rifiuto di Israele di consentire l’evacuazione medica di migliaia di palestinesi gravemente feriti e di altre migliaia che soffrono di malattie croniche come il cancro e il diabete.
Fonte:
– https://phmovement.org/palestinian-health-system-targetted-israel-crucial-part-resistance-against-genocide
MORTI CONOSCIUTE DI MEDICI PALESTINESI SOTTO TORTURA
Iyad Al-Rantisi
Il dottor Iyad Rantisi, 53 anni, era un consulente ostetrico e ginecologo e direttore del Complesso medico Kamal Adwan, a Beit Lahia, nel nord della Striscia di Gaza.
All’inizio dell’aggressione, il dottor Iyad si rifiutava di lasciare Gaza City, scegliendo di restare con i suoi pazienti.
Ma dopo un mese di intensi bombardamenti e assedi, dopo aver assistito alla presa di mira nei confronti degli ospedali, il Dr Al Rantisi ha deciso di spostarsi con la sua famiglia. Ancora in camice dopo aver terminato un intervento chirurgico, si è incamminaro a sud con la moglie, i loro figli Ahmed, 23 anni, Dina, 19, e Muhammad, 15, e sua sorella maggiore, Ibtisam.
Ha preso la strada indicata dalle forze israeliane, supponendo che gli avrebbe garantito un passaggio sicuro.
Ma né quello né la sua uniforme medica identificabile hanno fatto alcuna differenza.
“Infermiere, vieni”, ha detto un soldato quando lo ha visto, è quanto riferisce sua figlia Dina.
Quella è stata l’ultima volta che ha visto suo padre.
La morte del dottor Iyad è stata riportata per la prima volta da Haaretz il 18 giugno:
“È stato arrestato il 10 novembre ed è stato dichiarato morto sei giorni dopo nella prigione di Shikma, sede di una struttura per gli interrogatori dello Shin Bet”.
La notizia della sua morte è stata censurata dalle autorità israeliane per oltre sei mesi e ai giornali non è stato permesso di pubblicare nulla al riguardo.
“Il tribunale di magistratura di Ashkelon ha emesso un ordine di silenzio di sei mesi vietando la pubblicazione di tutti i dettagli del caso, inclusa l’esistenza dell’ordine di silenzio.
L’ordinanza del tribunale è scaduta a maggio”, ha riferito Haaretz.
Durante tutto questo periodo, la famiglia di Iyad presumeva che fosse vivo e sperava di rivederlo presto.
Il dottor Hossam Abu Safiya, direttore dell’ospedale Kamal Adwan, ha detto di essere “indescrivibilmente ferito” nel sentire della morte del suo collega dottor Iyad. Il dottor Iyad era un uomo sano prima del suo arresto e non soffriva di alcuna malattia, ha detto.
Ha aggiunto di essere venuto a sapere che il 53enne è stato “sottoposto a gravi percosse e torture”, che hanno provocato un’emorragia interna al suo stomaco, la quale è stata trascurata dalle autorità israeliane, e lo ha infine ucciso.
In un comunicato, lo Shin Bet ha confermato i dettagli sull’arresto di Rantisi e ha affermato che è morto nell’infermeria del centro di detenzione il 17 novembre 2023.
Secondo quanto riferito, la morte del dottor Rantisi ha dato luogo a un’indagine da parte del Ministero della Giustizia israeliano. Secondo Haaretz, “i suoi risultati sono in fase di revisione”.
Il dottor Husam Abu Safia, direttore dell’ospedale Kamal Adwan, ha detto ad Haaretz “che né lui né la famiglia di Rantisi hanno ricevuto alcuna informazione sulla sua sorte”.
La famiglia ha cercato instancabilmente di cercare informazioni su dove si trovasse il medico di Gaza.
“Abbiamo provato a contattare il Comitato internazionale della Croce Rossa per ottenere informazioni, ma non abbiamo ricevuto nulla e siamo rimasti in attesa”.
Attendono ancora che le autorità israeliane consegnino il corpo del medico ucciso, il quale si trova tuttora sotto sequestro.
I familiari chiedendo un’indagine immediata sulle circostanze della morte e invitano i gruppi per i diritti umani e le organizzazioni mediche, tra cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità e Medici Senza Frontiere, a intervenire urgentemente per processare Israele per i crimini che ha commesso.
Fonte:
– https://www.aa.com.tr/en/middle-east/gazan-family-seeks-answers-after-doctor-dies-in-israeli-custody/3256176
– https://www.palestinechronicle.com/prominent-palestinian-doctor-iyad-rantisi-killed-during-interrogation-in-israel/
– https://www.middleeasteye.net/news/war-gaza-family-mourns-doctor-tortured-death-israeli-forces
Adnan al-Bursh
Adnan Al-Bursh è nato nel 1974 a Jabalia, nella Striscia di Gaza occupata da Israele, e ha studiato lì prima di recarsi in Romania all’università di medicina. Successivamente è diventato chirurgo ortopedico e primario del reparto di ortopedia presso la più grande struttura medica della Striscia di Gaza, l’ospedale Al-Shifa.
Al-Bursh era sposato e aveva cinque figli. È stato anche consigliere della squadra nazionale di calcio palestinese. Durante l’invasione israeliana di Gaza, Al-Bursh ha lavorato senza sosta:
“Dal 10 ottobre 2023, ha trascorso ogni momento che ha avuto all’ospedale Al-Shifa. Non ha nemmeno visto sua moglie fino a probabilmente due settimane dopo”, ha detto suo nipote.
Il dottore si prendeva solo un’ora di svago al mattino per fare jogging e port sulla spiaggia.
Dopo la prima invasione dell’ospedale Al Shifa è stato costretto dall’esercito ad abbandonare l’ospedale. Poi ha raccontato alla sorella:
“Abbiamo lasciato l’ospedale, sorella. Giuro che siamo partiti con un nodo alla gola. L’esercito ci ha tracciato un corridoio tra i carri armati e abbiamo camminato in modo molto solenne. Ci ha ricordato ciò che ci è stato raccontato riguardo alla Nakba, alle esperienze vissute dai nostri nonni. Abbiamo camminato con i feriti, gli anziani. Li abbiamo informati che non avremmo lasciato l’ospedale Al Shifa senza i nostri pazienti. Come medici abbiamo la coscienza pulita perché abbiamo portato avanti la nostra missione fino all’ultimo momento”.
L’esercito israeliano ha esortato il personale dell’ospedale a spostarsi a sud, ma Al-Bursh si è rifiutato di obbedire e si è invece spostato a nord per lavorare all’ospedale indonesiano. Lì Al-Bursh è stato ferito da un missile israeliano mentre lavorava nella sala operatoria. Dopo una tregua, si è trasferito nuovamente all’ospedale Al-Awda, sempre nel nord di Gaza.
Il medico cinquantenne è stato arrestato dall’esercito israeliano il 17 dicembre 2023 insieme ad altri 10 lavoratori durante l’invasione dell’ospedale Al-Awda. Secondo fonti della sicurezza israeliane, Al-Bursh è stato arrestato per motivi di sicurezza nazionale; fonti dell’IDF hanno riferito che era sospettato di terrorismo. Quattro mesi dopo, il 19 aprile 2024, il servizio penitenziario israeliano ha confermato la morte di Al-Bursh mentre era in custodia presso la prigione di Ofer, senza rivelare la causa della sua morte. Le autorità palestinesi e i gruppi di difesa hanno attribuito la sua morte a tortura o maltrattamenti durante la custodia. I prigionieri rilasciati hanno detto alla famiglia di Al-Bursh che era stato sottoposto a torture e che era stato ripetutamente colpito alla testa dai soldati. Il suo corpo è tuttora tenuto sotto sequestro dalle autorità israeliane. Nel maggio 2024, la famiglia di Al-Bursh ha incaricato un avvocato dell’Aia per indagare sulla sua morte e contribuire a facilitare il ritorno del suo corpo.
Il 15 maggio, la moglie di Al-Bursh e Medici per i Diritti Umani – Israele hanno presentato una richiesta di indagine e autopsia alla Corte di Giustizia di Gerusalemme. Alcuni giorni dopo, Israele ha accettato di eseguire un’autopsia, alla presenza di un medico che rappresentava la famiglia.
L’ultimo post pubblicato dal dottor Al-Bursh su X era un disegno del dottor Ghassan Abu Sitta che indossava un camice tra lemacerie, con una nota in arabo che diceva:
“Moriremo in piedi e non ci inginocchieremo… Nella valle restano solo le sue pietre, e noi siamo le sue pietre” I colleghi lo hanno elogiato come un “individuo raro” e la “valvola di sicurezza” per i reparti ortopedici degli ospedali di Gaza. La giornalista Bisan Owda ha reso omaggio al medico come ex paziente: in un video parla delle sue eccezionali capacità come medico e della sua gentilezza. Racconta inoltre che nel 2010 il dottor Adnan fu il primo medico a eseguire con successo un’operazione al platino nella Striscia di Gaza. Gli studenti in protesta all’Università di Manchester hanno occupato Brunswick Park ribattezzandolo Dr Adnan Al-Bursh Park.
Fonti: – https://en.wikipedia.org/wiki/Adnan_al-Bursh – https://edition.cnn.com/2024/05/03/middleeast/gaza-surgeon-adnan-al-bursh-israeli-prison-intl-hnk/index.html – Instagram Healthcareworkerswatch. Instagram wizard_bisan1
Healthcare Workers Watch – Palestine
Healthcare Workers Watch – Palestine (Osservatorio Operatori Sanitari) è un’iniziativa degli operatori sanitari palestinesi per monitorare e mettere in luce gli attacchi contro le strutture sanitarie e gli operatori sanitari in tutta la Palestina.
Il nostro obiettivo è colmare il vuoto di rendicontazione e documentazione dovuto al collasso del sistema sanitario palestinese. Raccogliamo i nostri dati in modo indipendente attraverso il “social media listening”, principalmente dagli account sui social media – che verifichiamo – di parenti e colleghi delle vittime. Controlliamo anche i rapporti del Ministero della Salute palestinese, delle piattaforme di social media degli ospedali, dei siti web delle associazioni degli operatori sanitari e delle agenzie di media locali. Ci assicuriamo di ricevere aggiornamenti continui dalle famiglie degli operatori sanitari detenuti e di ascoltare gli stessi operatori sanitari una volta rilasciati. A questo punto, per la sicurezza delle persone rilasciate, condividiamo queste testimonianze alle organizzazioni interessate dopo l’anonimizzazione. Per dati o richieste più estesi, vi preghiamo di contattarci tramite e-mail.
Al 14 giugno 2024, abbiamo documentato 259 casi di detenzione illegale di operatori sanitari in Palestina da parte delle forze di occupazione israeliane dal 7 ottobre 2023.
• 251 maschi, 8 femmine
• 77 medici, 2 dentisti, 72 infermieri, 42 paramedici, 5 farmacisti, 1 optometrista, 18 tecnici, 20 amministrativi sanitari, 8 studenti di sanità, 3 volontari, 1 nutrizionista, 1 operatore sanitario comunitario e altri 9.
• 2 uccisi durante la detenzione, 138 sono attualmente in detenzione, 35 risultano dispersi e 35 rilasciati (2 di loro sono stati arrestati due volte e poi rilasciati).
• 237 detenuti illegalmente dalla Striscia di Gaza e 22 dalla Cisgiordania.
• Sono state raccolte 31 testimonianze video, audio o scritte di tortura.
Per il rapporto completo con l’elenco dei nomi degli operatori sanitari palestinesi rapiti scansiona il QR Code
Fonte:
– www.healthcareworkerswatch.org
I GUARITORI SEQUESTRATI DI GAZA
Khaled Al Serr
Khaled Al Serr, è un chirurgo dell’ospedale Nasser nella città di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza.
Al Serr aveva creato un gruppo WhatsApp di telemedicina in cui lui e suo cugino Osaid, un chirurgo residente negli Stati Uniti, reclutavano medici dagli Stati Uniti, dal Regno Unito e dall’Europa per dare consigli ai loro colleghi sotto pressione a Gaza.
Al Serr era un veicolo naturale per la conoscenza medica collettiva della chat del gruppo. “Ha sempre voluto dare una mano, gli è sempre piaciuto usare le mani, per risolvere i problemi e avere un impatto immediato”, riferisce Osaid.
Mentre le truppe di terra si facevano strada nel sud di Gaza verso la fine dell’anno, gli attacchi nei confronti degli ospedali nella città meridionale di Khan Younis aumentavano. A febbraio, quando l’esercito israeliano assediava l’ospedale Nasser, Al Serr era l’unico chirurgo generale presente che operava nella struttura.
L’attacco ha ridotto l’ospedale in un guscio di sé.
Per quanto riguarda Al Serr, poco dopo l’evacuazione di febbraio è andato a Rafah per visitare i suoi genitori, ma è tornato all’ospedale Nasser per aiutare a riaprirlo e per curarne i degenti.
Il suo ultimo post su Instagram è stato caricato a metà marzo, un breve video che mostrava l’esterno dell’ospedale:
Finalmente!! Dopo più di un mese di interruzione dell’elettricità nell’ospedale Nasser, il nostro personale è stato in grado di riparare il generatore e riportare l’elettricità. Nelle ultime due settimane stiamo cercando di pulire e preparare i reparti dell’ospedale per riaprirlo nuovamente.
Sei giorni dopo, il 24 marzo, le forze israeliane hanno fatto irruzione nell’ospedale. Suo cugino Osaid aveva chiesto qualche giorno prima se Al Serr stava bene. Nessuna risposta è mai arrivata. Era il loro ultimo scambio.
Da allora non si hanno quasi più notizie di Al Serr. Le uniche informazioni receite sono state più alDESAPARECIDOS
IN CAMICE
larmanti che rassicuranti. La prima notizia è che Al Serr è stato visto l’ultima volta connesso al suo WhatsApp a metà aprile. “È stato attivo online l’ultima volta il 12 aprile”, ha detto Osaid, “il che, a mio avviso, mi dice che gli hanno confiscato il telefono e che praticamente hanno avuto accesso anche al suo telefono.”
Poi, pochi giorni dopo, il 17 aprile, il quotidiano Al Mayadeen ha rilasciato un’intervista con un palestinese che si è identificato come Ahmed Abu Aqel e ha affermato di essere stato arrestato e rilasciato da Israele. Il Dottor Ahmed Moghrabi ha detto a The Intercept che Abu Aqel era in precedenza un infermiere all’ospedale Nasser.
Vestito con una felpa grigia e pantaloni da tuta, un abito comune per i detenuti palestinesi rilasciati, Abu Aqel ha detto di aver ricevuto un messaggio dai medici dell’ospedale Nasser che erano detenuti.
“Un mio collega era detenuto accanto a me”, ha detto Abu Aqel. “Il suo nome era Khaled. Davanti a me gli hanno strappato tutta la barba con le pinze. La sua barba è stata strappata.”
I parenti pensano si possa riferire a Khaled Al Serr.
“Era molto coraggioso. Stava facendo il suo lavoro. In pratica il nostro lavoro come chirurghi non è solo curare le ferite e farle rimarginare, ma anche difendere i nostri pazienti. Lui li stava difendendo”.
AMNESTY INTERNATIONAL Campagna per la Liberazione di Khaled Al Serr
Il 24 marzo 2024, il palestinese Khaled Al Serr è stato arrestato dall’esercito israeliano presso l’ospedale Nasser di Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza. Da allora è detenuto in condizioni equivalenti a sparizione forzata. Più di due mesi dopo, le autorità israeliane continuano a nascondere il suo destino e il luogo in cui si trova; i frammenti di informazioni che la sua famiglia ha potuto ricevere provengono solo dai suoi colleghi e dai detenuti rilasciati. Le autorità israeliane devono rilasciare immediatamente il dottor Khaled Al Serr. Devono immediatamente rivelare dove si trovano e lo status legale di tutti gli operatori sanitari palestinesi di Gaza che sono stati fatti sparire con la forza e rilasciarli a meno che non siano accusati di un reato riconoscibile a livello internazionale e perseguiti in procedimenti che rispettino gli standard internazionali di giusto processo. In attesa del rilascio del dottor Khaled Al Serr, le autorità devono rivelare alla famiglia del dottor Khaled Al Serr il suo destino, il luogo in cui si trova e i motivi della detenzione e garantire il suo accesso a un avvocato, alle cure mediche e ai suoi familiari.
SI PREGA DI PRENDERE AZIONE IL PIÙ PRESTO POSSIBILE
FINO AL: 2 agosto 2024 QR Code per accedere alla Campagna di Amnesty
Fonti:
– https://theintercept.com/2024/05/24/gaza-palestinian-doctors-hospital-detained-
missing-disappeared/
– https://www.amnestyusa.org/urgent-actions/urgent-action-free-forcibly-disappeared-palestinian-surgeon-iopt-53-24/
Ahmed Muhanna
Il dottor Ahmed Muhanna, direttore dell’ospedale Al-Awda di Jabalya, era diventato un portavoce non ufficiale degli operatori sanitari in Palestina da quando Israele ha iniziato la sua ultima serie di attacchi il 7 ottobre.
Fin dall’inizio dell’attacco israeliano a Gaza, il dottor Muhanna ha mantenuto i contatti con le autorità e le organizzazioni regionali e internazionali condividendo rapporti sulla situazione per illustrare il terribile stato degli ospedali nella Striscia di Gaza.
Venerdì 13 ottobre, l’ospedale Al Awda ha ricevuto un messaggio dall’esercito israeliano affinché evacuasse l’ospedale entro 2 ore. Israele ha successivamente posticipato la scadenza alle 6 di sabato mattina (14 ottobre).
Il dottor Muhanna e il suo team hanno deciso di rimanere in ospedale e con i pazienti.
“Ho ricevuto una chiamata dall’esercito israeliano che ci chiedeva di evacuare l’ospedale”, ha detto il dottor Muhanna. In un’intervista ha affermato che “questo non è possibile. Alcuni pazienti sono stati evacuati, ma altri pazienti non possono essere trasferiti a causa delle loro gravi condizioni. Il personale ospedaliero è determinato a restare e a fornire assistenza sanitaria ai pazienti”.
Dal 5 dicembre l’ospedale Al Awda è stato circondato da cecchini e carri armati israeliani che circondavano l’edificio. Nessuno è riuscito a entrare o uscire dall’edificio, un’infermiera è stata uccisa con un colpo da un cecchino. Hanno sparato anche ad una donna incinta e alla suocera che volevano entrare in ospedale per partorire. La suocera è rimasta uccisa nell’attacco.
L’ospedale Al Awda di Jabalia è uno dei pochi ospedali nella Striscia di Gaza ad aver continuato a fornire cure ostetriche e ginecologiche (chirurgiche) dall’inizio della guerra.
Il dottor Muhanna e la sua squadra hanno resistito all’assedio israeliano per più di due mesi fornendo servizi sanitari essenziali ai pazienti.
Nel suo ultimo audio, un giorno prima del suo arresto avvenuto il Dr Muhanna ha detto che “nessuno può muoversi nell’ospedale a causa di un cecchino [israeliano]. La situazione in ospedale è terribile. Abbiamo 38 pazienti, alcuni dei quali privi di medicine. Non abbiamo ossigeno e solo pochissimo carburante per un piccolo generatore. Abbiamo cibo per 2 o 3 giorni al massimo. La situazione è critica.”
Domenica 17 dicembre 2023, i soldati israeliani hanno fatto irruzione nell’ospedale Al Awda. Durante il raid hanno arrestato 21 operatori sanitari, compreso il direttore dell’ospedale, dottor Ahmed Muhanna.
Dopo tre ore di interrogatorio in condizioni degradanti, molti sono stati rilasciati mentre il dottor Muhanna è stato posto sotto sequestro e il suo stato attuale rimane sconosciuto.
Campagne e petizioni per la sua liberazione sono state diffuse da “Al Awda Health and Community Association”, “We Move Europe”, “People’s Health Movement”, “ActionAid”, “Viva Salud”
Fonti:
– https://peoplesdispatch.org/2023/12/19/palestinian-and-international-networks-demand-israel-release-hospital-director-dr-ahmed-muhanna/
– https://www.vivasalud.be/en/viva-salud-calls-for-the-immediate-release-of-dr-ahmed-muhanna/
– https://phmovement.org/dr-ahmed-muhanna-palestine
STORIE DI DETENZIONE E TORTURA DA PARTE DEGLI OPERATORI SANITARI
Testimonianze di Tortura
Un accenno alle spaventose testimonianze di tortura documentate da Healthcare Workers Watch – Palestine da parte di operatori sanitari palestinesi rilasciati e detenuti dall’esercito israeliano.
“I soldati dell’esercito israeliano hanno preso la mia carta d’identità e poi mi hanno chiesto il mio nome e il mio lavoro, proprio quando ho detto loro che sono un infermiere, tutti mi hanno colpito in faccia con tutto ciò che avevano in mano, – ha continuato piangendo- mi hanno interrogato per 10 minuti poi mi hanno lasciato e si sono trasferiti sui miei colleghi, hanno scatenato i cani contro i miei colleghi, ho sentito le loro voci urlare mentre venivano colpiti. Poi ne presero un certo numero, lasciarono l’ospedale e ricominciarono a bombardare i dintorni fino alle 17”
Infermiere Mohammed Al-Kahlout, Capo Inferimiere, Ospedale Indonesiano, Nord di Gaza
“È stato così difficile! Umiliazione assoluta! in ogni senso della parola. Affrontare animali dannosi e predatori è più delicato di quello che abbiamo incontrato! Siamo stati detenuti in diversi luoghi per diversi giorni. Fummo trattenuti per lunghe notti nella zolla all’aria aperta, sopra la ghiaia, coperti dal freddo della valle. Le nostre mani sanguinavano a causa delle manette strette. Abbiamo perso la sensibilità a causa dell’intensa pressione sui nostri arti. Per due giorni ci hanno impedito di fare i bisogni e anche di bere un sorso d’acqua”.
Specialista unità di terapia intensiva, Ospedale Indonesiano, Nord di Gaza
“Mi ha tirato i capelli, mi ha coperto la faccia con la sabbia e me ne ha fatto mangiare. Poi mi ha chiesto: vuoi ammettere che sei Hamas o dovrei lasciare che i giovani ti mettano un manganello elettrico nel culo e ti taglino il cazzo? Gli ho detto: “Non sono Hamas e tu mi accusi di essere Hamas. Non sono Hamas”. Mi ha detto, ti farò confessare, porterò tua madre e la spoglierò davanti ai ragazzi”
Infermiere, Ospedale Beit Hanoun Hospital, Nord di Gaza
Fonte:
– https://healthcareworkerswatch.org
MOHAMMED ABU SALMIYA
Nato nel 1973 nel campo profughi di Al-Shati, a ovest di Gaza, il dottor Mohammad Abu Salmiya è un illustre pediatra palestinese acclamato per la sua dedizione alla medicina pediatrica e alla gestione sanitaria, in particolare nel difficile ambiente della Striscia di Gaza.
Il dottor Mohammed Abu Salmiya ha completato i suoi studi di medicina a Kiev, Ucraina .
Nel 2015 assume la direzione dell’Ospedale Pediatrico Al Rantisi .
Nel 2019 è diventato Direttore dell’Ospedale Al Shifa, la struttura medica più grande ed importante della Striscia di Gaza . Nel 2023 ha contribuito all’espansione del Pronto Soccorso dell’Ospedale Al Shifa migliorandone la capacità e le strutture, raddoppiando il numero di posti letto e di unità di terapia intensiva.
Mentre dirigeva l’Ospedale avviò anche cruciali progetti di ristrutturazione dell’edificio Maternità, migliorando i servizi sanitari materno-infantili.
Ha anche guidato lo sviluppo di un dipartimento di radiologia con il supporto internazionale .
Abu Saliya ha organizzato e partecipato a importanti conferenze pediatriche a livello locale e internazionale.
Ha poi dimostrato una dedizione e un coraggio eccezionali rifiutandosi di lasciare i suoi pazienti durante l’invasone dell’ospedale da parte dell’esercito israeliano. Abu Salmiya è stato arrestato il 23 novembre 2023, insieme a diversi membri del personale medico mentre viaggiava attraverso Salah Al-Din Street da Gaza City alle aree meridionali della Striscia dopo che l’esercito israeliano aveva attaccato l’ospedale Al-Shifa.
Il primo luglio, Israele ha rilasciato circa 54 palestinesi, compresi medici che erano stati detenuti mentre erano in servizio all’interno del complesso medico Al-Shifa e di altri ospedali di Gaza durante varie operazioni militari effettuate negli ultimi mesi.
Il capo dell’ospedale al-Shifa di Gaza, Mohammed Abu Salmiya, è stato rilasciato quel giorno dopo più di sette mesi di sequestro da parte di Israele.
Molte organizzazioni e colleghi si sono battuti in quei 7 mesi per la sua liberazione.
In una conferenza stampa tenutasi al Complesso Medico Nasser di Khan Yunis, nel sud di Gaza, poche ore dopo il suo rilascio, Abu Salmiya ha detto:
“Ciò che sta accadendo ai prigionieri ora non è mai accaduto nella storia del movimento dei prigionieri
dai tempi della Nakba nel 1948. Una sofferenza estrema. I prigionieri sono sottoposti quotidianamente a umiliazioni fisiche e psicologiche. Ci sono prigionieri che sono stati uccisi durante gli interrogatori. Ci sono altri membri del personale medico che sono stati uccisi. All’interno delle carceri non viene fornito alcun servizio medico ai pazienti. Al contrario, il personale medico aggredisce i prigionieri, in violazione di tutti gli accordi internazionali e umanitari. […] Anche quando un detenuto chiede una pasticca, anche se si tratta della terapia più semplice, gli viene negata. Non viene fornito alcun tipo di servizio medico. Tutti i prigionieri hanno perso almeno 25 chili del loro peso corporeo. Sono stati tutti violati. La malattia ha violato i loro corpi. Stanno tutti soffrendo! Un messaggio a tutti è che il caso dei prigionieri deve essere presente nella discussione, in tutte le trattative, finché tutte le prigioni non saranno vuote, a Dio piacendo”.
Ha anche riferito:
“Siamo stati sottoposti a gravi torture e il mio mignolo è stato rotto. Sono stato ripetutamente colpito alla testa, il che mi ha provocato molteplici emorragie.”
“C’era tortura quasi ogni giorno nelle carceri israeliane. Quando le celle dei prigionieri venivano perquisite, venivano picchiati duramente ogni giorno”.
“I prigionieri nelle carceri israeliane subiscono diversi tipi di tortura. L’esercito li tratta come se fossero oggetti inanimati e i medici israeliani li aggrediscono fisicamente”.
“Nessuna organizzazione internazionale ci ha visitato nelle carceri israeliane e ci è stato proibito di incontrare qualsiasi avvocato. Molti detenuti sono ancora lasciati indietro in pessime condizioni di salute e psicologiche”, ha continuato Abu Salmiya.
“Il servizio carcerario israeliano non ha mai presentato un’accusa chiara contro di me, nonostante abbia subito tre processi in tribunale”, ha aggiunto.
Abu Salmiya ha poi esprimesso la sua sorpresa per le dichiarazioni di ignoranza dei funzionari governativi israeliani riguardo al suo rilascio, Abu Salmiya ha sottolineato che il suo rilascio è avvenuto attraverso i canali ufficiali
In Israele, diversi ministri e politici di spicco hanno espresso indignazione per il rilascio del dottor Abu Salmiya.
L’ex ministro del gabinetto di guerra, Benny Gantz, ha affermato che un governo che ha liberato i sospettati accusati di aver dato rifugio ai responsabili dell’attacco guidato da Hamas contro Israele il 7 ottobre dovrebbe dimettersi.
Il ministro della Sicurezza nazionale di estrema destra, Itamar Ben-Gvir, ha chiesto le dimissioni del capo del servizio di sicurezza interna israeliano, lo Shin Bet.
Da parte sua, lo Shin Bet ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che il sovraffollamento nelle carceri israeliane sta costringendo il rilascio di detenuti come il dottor Abu Salmiya.
Fonte:
– https://www.middleeastmonitor.com/20240701-released-head-of-gazas-al-shifa-hospital-says-tried-3-times-by-israel-with-no-charges/
– https://www.facebook.com/reel/484116587435712
– https://www.facesofpalestine.org/profiles/mohammad-abu-salmiya
– https://www.youtube.com/watch?v=L4HMFIbEJSo
– https://www.bbc.com/news/articles/cz47w24dld0o
AHMED ABU SABHA
Ahmed Abu Sabha, un medico dell’ospedale Nasser, ha raccontato il suo sequestro da parte dell’esercito israeliano: è stato trattenuto per una settimana in cui, ha detto, gli sono stati aizzati contro cani con la museruola, mentre la sua mano è stata rotta da un soldato israeliano. Il suo racconto combacia molto con quello di altri due medici che hanno voluto restare anonimi per paura delle ritorsioni.
Hanno raccontato alla BBC di essere stati umiliati, picchiati, bagnati con acqua fredda e costretti a inginocchiarsi in posizioni scomode per ore. Hanno detto di essere stati detenuti per giorni prima di venire rilasciati.
La BBC ha fornito i dettagli delle loro accuse alle Forze di Difesa Israeliane (IDF). Non hanno risposto direttamente alle domande su questi resoconti, né
hanno negato specifiche accuse di maltrattamenti. Ma hanno negato che il personale medico abbia subito danni durante l’operazione.
L’IDF ha fatto irruzione nell’ospedale nella città di Khan Younis, nel sud di Gaza, uno dei pochi nella Striscia ancora funzionante, il 15 febbraio 2024.
Un filmato girato di nascosto in ospedale il 16 febbraio, il giorno in cui i medici sono stati arrestati, è stato condiviso con la BBC.
Mostra una fila di uomini in mutande davanti all’edificio del pronto soccorso dell’ospedale, inginocchiati con le mani dietro la testa. Davanti ad alcuni di loro giacciono camici medici.
“Chiunque provasse a muovere la testa o a fare qualsiasi movimento veniva colpito”, ha detto alla BBC il direttore generale dell’ospedale, il dottor Atef Al-Hout. “Li hanno lasciati per circa due ore in questa posizione vergognosa”.
Il personale medico ha detto che sono stati poi portati in un edificio ospedaliero, picchiati e poi trasportati in una struttura di detenzione, il tutto mentre erano spogliati.
Il dottor Abu Sabha, un medico 26enne appena qualificato, volontario all’ospedale Nasser, ha descritto alcuni elementi del suo trattamento durante la detenzione, come costringere i detenuti a stare in piedi per ore senza una pausa. Ha detto che altre punizioni inflitte ai detenuti includevano la costrizione a giacere a pancia in giù per periodi prolungati e il ritardo dei pasti.
Altri medici hanno detto alla BBC che l’edificio della maternità, chiamato Mubarak, era diventato il luogo in cui l’IDF interrogava e picchiava il personale. Il dottor Abu Sabha ha detto che inizialmente era stato scelto per stare con i pazienti dopo il raid, ma poi era stato portato a Mubarak, che secondo lui era diventato “più simile a un luogo di tortura”.
“Mi hanno messo su una sedia ed era come una forca”, ha detto. “Ho sentito il rumore delle corde, quindi ho pensato che sarei stato giustiziato.
“Dopodiché hanno rotto una bottiglia e [il vetro] mi ha tagliato la gamba e l’hanno lasciata sanguinare. Poi hanno iniziato a portare dentro un medico dopo l’altro e a metterli uno accanto all’altro. Sentivo i loro nomi e le loro voci”.
Tutti e tre i detenuti con cui ha parlato la BBC hanno affermato di essere stati stipati su veicoli militari e picchiati mentre venivano trasportati in un grande gruppo. I soldati li hanno picchiati con bastoni, manichette, calci di fucili e pugni, hanno detto.
“Eravamo nudi. Indossavamo solo i boxer. Ci hanno ammassati uno sopra l’altro. E ci hanno portato fuori da Gaza”, ha detto uno dei medici che ha voluto rimanere anonimo. “Per tutto il percorso siamo stati picchiati, insultati e umiliati. E ci hanno versato addosso l’acqua fredda”.
Il dottor Abu Sabha ha detto che durante il viaggio i soldati hanno fatto scendere i detenuti dal veicolo. “Ci hanno portato su un pezzo di terreno coperto di ghiaia, ci hanno costretto a inginocchiarci e a farci bendare gli occhi… C’era una fossa nel terreno e pensavamo che ci avrebbero giustiziati e seppelliti lì. Abbiamo iniziato tutti a pregare”.
È stato poi portato in un edificio dove lui e gli altri detenuti sono stati trattenuti, ha detto.
Gli altri due detenuti rilasciati hanno detto che ad un certo punto sono stati sottoposti a controlli medici ma che non hanno ricevuto farmaci. Uno ha detto un soldato lo ha colpito nel punto in cui era ferito uando ha richiesto delle cure.
Il dottor Abu Sabha ha detto alla BBC che i detenuti venivano regolarmente puniti.
“A un certo punto, la benda si è abbassata un po’ e le mie mani erano ammanettate da dietro e non potevo aggiustarla.
“Mi hanno portato fuori per punizione… sono rimasto in piedi con le mani alzate sopra la testa e il viso rivolto in basso per tre ore. Poi, un soldato mi ha chiesto di andare da lui. Quando l’ho fatto, ha continuato a colpirmi la mano finché non si è rotta”. Più tardi quel giorno, è stato portato in bagno, picchiato e gli hanno aizzato addosso cani con la museruola, ha detto. Il giorno dopo, un medico israeliano gli ha fatto un gesso e poi i soldati gli hanno disegnato sopra una stella di David.
Il dottor Abu Sabha ha detto alla BBC di non essere mai stato interrogato durante i suoi otto giorni di detenzione. I tre medici con cui la BBC ha parlato hanno affermato di essere stati trasportati bendati e poi rilasciati al valico di Kerem Shalom controllato
da Israele, che si trova vicino al punto più meridionale della Striscia dove Gaza, Israele ed Egitto si incontrano.
Fonte:
– https://www.bbc.com/news/world-middle-east-68513408
SAID ABDULRAHMAN MAAROUF
Un medico palestinese afferma che le forze israeliane a Gaza lo hanno arrestato quando hanno invaso l’ ospedale e lo hanno sottoposto ad abusi per 45 giorni di prigionia, inclusa la privazione del sonno e costanti incatenamenti e bendaggi.
Il dottor Said Abdulrahman Maarouf stava lavorando all’ospedale al-Ahli al-Arab di Gaza City quando questo è stato circondato dall’esercito israeliano a dicembre.
Ha riferito di aver avuto le mani ammanettate, le gambe incatenate e gli occhi bendati per la maggior parte delle sette settimane della sua prigionia.
Lo hanno obbligato a dormire su un terreno coperto di ciottoli, senza materasso, cuscino o coperta e con la musica a tutto volume.
“Nelle carceri israeliane le torture erano molto severe. Sono un medico. Il mio peso era di 87 chilogrammi. Ho perso, in 45 giorni, più di 25 chilogrammi. Ho perso l’equilibrio. Ho perso la concentrazione. Ho perso ogni sentimento”, ha detto.
“In qualunque modo si descrivano le sofferenze e gli insulti in carcere non si potrà mai conoscerne la realtà a meno che non si sia vissuta”, ha aggiunto.
Maarouf ha detto di non avere idea di dove sia stato detenuto poiché è stato bendato per tutta la sua detenzione, e non era sicuro se fosse stato trattenuto all’interno o all’esterno di Gaza. È stato lasciato al valico di Kerem Shalom ed è stato prelevato dalla Croce Rossa.
L’arresto di Maarouf è stato l’ultimo momento in cui ha avuto notizie della sua famiglia, e ancora non sa se siano sopravvissuti all’assalto alla città di Gaza.
Maarouf ha trattenuto le lacrime mentre descriveva la sua ultima conversazione telefonica con sua figlia mentre i soldati israeliani invitavano con gli altoparlanti tutti i medici e il personale medico a lasciare l’edificio dell’ospedale.
“Se vuoi andartene, vattene.
Se vuoi restare, resta. Sono nella tua stessa trincea e ora vado dai soldati israeliani senza conoscere il mio destino”, ricordava di aver detto alla figlia.
“Da quel momento fino ad oggi non ho più informazioni sui miei figli né su mia moglie”, ha detto piangendo.
La devastazione a Gaza ha disperso le famiglie e interrotto le comunicazioni, rendendo difficile per le persone raggiungere fisicamente molte aree e impedendo loro di contattarsi telefonicamente, con la maggior parte delle reti di telecomunicazioni inattive.
Maarouf ritiene che fosse detenuto nello stesso luogo con circa 100 prigionieri.
“Ciascuno di noi desiderava la morte… desiderava morire per la gravità della sofferenza”, ha detto.
Ha detto che sentirsi dire di provare a dormire sdraiato sui ciottoli è stata la parte peggiore della sua esperienza.
“Sono un pediatra che lavora da 23 anni in questo campo. Non ho commesso alcun crimine umanitario. La mia arma è la mia penna, il mio taccuino e il mio stetoscopio. Non ho lasciato il posto. Curavo i bambini all’interno degli ospedali”, ha detto.
“Quando siamo stati chiamati dove si trovavano i carri armati, ho pensato che saremmo rimasti lì qualche ora e poi saremmo partiti. Pensavo che se avessero preso me e i miei colleghi ci avrebbero trattato bene perché siamo medici e non abbiamo commesso alcun crimine”, ha detto.
Tornato a Gaza, lavora di nuovo in un reparto pediatrico, con uno stetoscopio al collo, il suono dei bambini che piangono e i sussurri preoccupati dei genitori intorno a lui, ancora una volta.
Fonte:
–https://www.reuters.com/world/middle-east/gaza-doctor-describes-ordeal-detention-2024-02-04/
HAYTHAM AHMED
La tortura ti fa sentire così piccolo, così impotente. È molto importante restituire dignità.
50 giorni di prigionia durante il genocidio di Gaza
L’occupazione mi ha arrestato mentre evacuavo dall’ospedale Naser. Sono stato portato in una struttura di detenzione israeliana, bendato e ammanettato per tutti i 50 giorni, costretto a inginocchiarmi a terra per ore di seguito, senza sapere dove fossi o quando sarei stato rilasciato.
Durante la mia prigionia sono stato esposto a molte azioni crudeli: i soldati trattenevano il cibo come punizione, non abbiamo ricevuto alcuna assistenza medica ed era impossibile contattare la propria famiglia. Il mio telefono, i miei documenti ufficiali e tutto ciò che possedevo era stato confiscato.
Gli interrogatori insistevano sempre nell’accusarci di appartenere alla resistenza. Quando lo negavamo, i soldati ci prendevano a calci e ci colpivano duramente. Sembrava infinito, grazie a Dio finalmente sono libero e circondato dai miei cari
“Grazie a tutti per essere stati lì per me durante tutto questo, il vostro sostegno e le vostre parole gentili hanno significato moltissimo per me. Le vostre preghiere hanno toccato profondamente il mio cuore”.
Fonte:
– https://www.instagram.com/p/C5eYJ5eNu5C/
@haytham_ahmed96
MOHAMMED AL-RON
Questa foto straziante è quella del dottor Mohammed Ron. A destra, una foto scattata pochi giorni prima della guerra. A sinistra, una sua foto dopo essere stato rapito per quasi un mese dall’esercito israeliano.
Il dottor Mohammed era il primario del reparto di chirurgia dell’ospedale Al-Shifa, è un caro vicino e amico di famiglia che ha perso tanti membri della sua famiglia all’inizio della guerra.
È uno dei pochi chirurghi a Gaza e la sua esperienza, modestia e gentilezza lo hanno reso un uomo molto speciale e molto rispettato nella comunità. Il dottor Mohammed si è dedicato molto alla sua comunità; ha la cittadinanza russa ma si è rifiutato di evacuare e ha insistito nel servire la sua gente, fin dal primo giorno di guerra è rimasto in ospedale a fare il suo lavoro e a salvare la vita di migliaia di persone.
Questo eroe ha salvato la vita di mio cognato quando gli hanno sparato all’addome, gli ha fatto un intervento chirurgico importante senza anestesia e con risorse molto limitate.
Non molti giorni dopo è stato rapito all’ospedale Al-Ahli nel nord di Gaza. Oggi è stato rilasciato, ma l’umiliazione e la tortura che ha vissuto vanno oltre ogni immaginazione. Se ci fosse giustizia ed etica in questo mondo questo non dovrebbe mai accadere ad un chirurgo che fa il suo lavoro.
– inviato da un amico a Gaza
Fonte:
– https://www.facebook.com/photo.php?fbid=937771887708439&id=100044269097698&set=a.291055705713397
@ahmedeldin
IYAD ZAQOUT
Le forze israeliane hanno rilasciato il dottor Iyad Zaqout, un chirurgo generale dell’ospedale Kamal Adwan nella Striscia di Gaza, dopo averlo detenuto per la seconda volta durante gli attacchi sferrati dall’esercito israeliano sulla Striscia di Gaza a partire da ottobre.
“Sono stato sottoposto a una serie di insulti: sdraiato a terra nudo, poi incatenato. Le forze israeliane ci hanno scattato delle foto umilianti dopo averci sottoposto ad insulti, alcuni dei quali erano blasfemi. Ci hanno anche spruzzato addosso dell’acqua.
Abbiamo chiesto ad alcuni soldati di allentare le catene, ma loro le hanno rese ancora più strette.
Siamo stati detenuti per più di 48 ore e abbiamo dimenticato il freddo che faceva fuori, A causa del dolore alle mani, abbiamo dimenticato i pizzichi del freddo.
C’erano alcuni di noi che desideravano morire.
Sembra che l’esercito israeliano sia giunto ad un tale livello di intrattenimento e condiscendenza nei confronti delle ferite delle persone”.
Dopo il suo rilascio, il dottor Zaqout è tornato al Kamal Adwan per continuare il suo lavoro.
Fonte:
– https://www.facebook.com/ajplusenglish/videos/palestinian-surgeon-detained-twice-by-israeli-forces-is-released/905970880752432/
@ajplus
ISAAM ABU AVE
Un medico di Gaza liberato dalla prigionia, riprende il suo lavoro dopo 200 giorni di sequestro.
“La situazione era piuttosto difficile. C’erano molte malattie tra i giovani (nella detenzione israeliana). Soffrivano la fame. Ma il nostro morale è rimasto alto. Indipendentemente dai metodi che hanno usato contro di noi. Le condizioni dei prigionieri all’interno delle carceri sono deplorevoli. Ho letto la letteratura carceraria: sono un buon lettore. Tuttavia nessun libro menzionava i metodi di tortura che gli occupanti hanno impiegarono contro di noi.
Anche se ve lo dicessi.. io stesso non crederei mai a quello che ci hanno fatto.
È molto strano.. Immagina: mi hanno rotto i denti. Immagina: hanno preso lo scopino del WC e hanno strofinato la suasporcizia sui miei denti. È questo un metodo ragionevole di interrogatorio? Come medico non ho alcun legame con alcuna organizzazione o gruppo di resistenza. Sono un chirurgo. La mia accusa è di possedere un bisturi e delle forbici.
Il mio peso era di 116 chilogrammi, ho perso 37 chilogrammi.
Quando sono entrato per la prima volta in ospedale, i miei colleghi non mi hanno riconosciuto perché avevo perso tanto peso a partire dai mei 116 chilogrammi. A causa di tutte queste rughe ed emaciamento nel mio corpo, la maggior parte dei colleghi non mi riconosceva”.
Fonte:
– https://www.instagram.com/p/C9N0q-Yuixd/
@anadoluagency
29 luglio 2024
Nota finale
Oggi si è saputo che, in quello che speriamo non sia un tentativo di ripulirsi la faccia, nove militari Israeliani sono stati imputati per aver partecipato allo strupro di un prigioniero palestinese.